Luca Barbareschi: «Sono stato gay e vittima di abusi: un prete mi teneva fermo e l’altro mi violentava»
«Sono stato omosessuale nella mia vita», rivela Luca Barbareschi a Repubblica parlando del personaggio che interpreterà nel nuovo film The Penitent. «I miei figli cresciuti nelle università americane non hanno più senso dell’umorismo. Se dico ‘guarda che mignottone’ rispondono ‘no, papà, è una ragazza che soffre’».
Il rapporto conflittuale con i figli
Barbareschi discute con i figli. «Soprattuto quella di dodici anni, che è andata alle scuole francesi, politicamente corretta. Io mi incazzo ma manteniamo il senso dell’umorismo. Sono aperto e tollerante, senza pregiudizi ma quello che avviene è un disastro, perché è una semplificazione. Ci sono centoventi gender che litigano tra loro. Siamo andati nella follia, ci sarà una reazione tra qualche anno e torneremo peggio di prima. Purtroppo, queste sono minoranze. Lo abbiamo visto nelle fiction: mettere per forza trans e lesbiche è un finto problema, non è generalizzato e nella narrazione non funziona. Oggi c’è obbligo nelle ‘writing room’ in America di mettere nero, ispanico, lesbico».
La denuncia di molestie
Barbareschi si scaglia poi contro le attrici che denunciano molestie. «A me viene da ridere, perché alcune di queste non sono state molestate, o sono state approcciate malamente ma in maniera blanda, non cose brutte. Alcune di queste andrebbero denunciate per come si sono presentate. Sedendo a gambe larghe: ‘Ciao, che film è questo?’. Non ho avuto mai bisogno di fare trucchi per scopare, una cosa del genere non è il mio stile. Ho detto: ‘Amore, chiudi le gambe, ho visto che hai le mutande, o che non le hai, interessante, ma ora parliamo di lavoro’. Ci sono anche cose così. Secondo me Amleta dovrebbe essere ‘largo’, riguardare non solo le attrici, che sono una piccola comunità. Il problema delle molestie è grave e generale, riguarda la commessa del supermercato che deve subire per non perdere il posto. Questo deve cambiare. Ho quattro figli, un maschio e tre femmine, e voglio che siano dignitose, libere e non subiscano mai. Io sono stato un bambino molestato, mi hanno abusato dagli otto agli undici anni i preti gesuiti a Milano: mi chiudevano in una stanza, uno mi teneva fermo e l’altro mi violentava. Ho fatto una legge su questa cosa qui».
La “ricerca di visibilità”
Cosa ha contro questa “tendenza”? «Perché ho trovato il loro un giusto pensiero ma poi è diventato qualcosa di modaiolo. L’attrice che si fa pubblicità, la cosa va avanti per dieci puntate, poi finisce ma non si risolve il problema. In Francia sono impazziti tutti, noi produttori abbiamo fatto un corso sulle nuove regole di set, che sono impossibili da applicare. Stiamo uscendo dal buon senso. Detto questo il film è per me importante perché racconta esattamente lo stato dell’arte oggi. L’ho dichiarato quando ho fatto J’accuse, di Polanski, e ora con il suo nuovo film, The palace, che vedrete che bomba è. Non ci può essere giudizio morale sull’arte. Sennò dobbiamo ascoltare quello che ha detto Marlène Schiappa, ministro francese per le Pari opportunità. Io e Polanski siamo stati assaltati dalle femministe, chiusi in una camionetta della polizia ci siamo guardati: ‘Tua nonna è morta ad Auschwitz, mia nonna a Treblinka, se ci avessero detto che nel 2020 saremmo stati chiusi in una camionetta con fuori donne impazzite coperte di sangue che gridano ‘riaprite le camere a gas’ non ci avremmo creduto».
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